MARTINO: tumore come un pompelmo.. salvato!
Gentilissimo dottor. Mazzanobile,
sono Claudia Rodano e, se non l’avessi vissuta, nemmeno io crederei alla storia che sto per raccontare.
La storia per la quale la ringrazio infinitamente.
Al mio Martino, un barboncino nano di 8 anni, avevano dato 7 giorni di vita- 15 al massimo, giusto perché è un cane forte.
Il nostro medico curante è quello che in molti ci hanno segnalato come il migliore. Questo dottore, in ultimo, ci ha avvisati che da un momento all’altro il tumore (un mastocitoma al livello della cute della dimensione di un pompelmo) sarebbe “scoppiato”. Si, ha usato proprio questo termine. Il tumore sarebbe “scoppiato”, il corpo si sarebbe lacerato e dovevamo prepararci a vedere un’immagine difficile da sopportare, le viscere: se fosse successo di mattina, nessun problema; ma se fosse accaduto di sera o di domenica, dovevamo da sole tenere duro, nella speranza che il cane non si sarebbe dissanguato prima che l’ambulatorio riaprisse.
Quelle parole ci hanno scioccate e il nostro primo pensiero è stato quello di abbattere Martino. Da circa dieci giorni io e mia sorella non dormivamo perché il cane aveva crisi ogni mezzora, sveniva, non mangiava, si nascondeva, non riusciva a camminare, beveva…e quel che beveva subito lo rigurgitava. Era scheletrico. Eravamo fisicamente stremate ed eravamo immensamente tristi nei vederlo soffrire. Martino è sempre stato un cane molto attivo e giocherellone, non meritava di vivere gli ultimi giorni così penosamente.
Così siamo andate da un altro veterinario della zona, il quale ci ha detto, anzitutto, che i tumori NON SCOPPIANO, ma che, tuttavia, lentamente piccole gocce di sangue sarebbero fuorisciute. La pelle si sarebbe lacerata, forse, e una lacerazione di quelle dimensioni non si sarebbe mai potuta chiudere. Il risultato era lo stesso: da lì a pochi giorni Martino avrebbe perso tutte le forze.
L’idea dell’eutanasia è rimasta ferma. Tuttavia Martino aveva ancora il suo sguardo vispo, da cucciolo combinaguai (vedi foto in bianco e in nero). La sua mente c’era, ma era il corpo che lo tradiva. E sentivamo di tradirlo anche noi, addormentandolo per sempre. Così abbiamo deciso di aspettare che, come avevano previsto, la sua mente si annebbiasse prima di aiutarlo ad andarsene.
Quando ho telefonato a Lei, dottor Mazzanobile, l’ho fatto più per assecondare le speranze di mia sorella che perché credevo nelle sue tecniche. Mia sorella aveva letto su Internet di lei e di come aveva strappato dalla morte un altro cucciolo. Io, dal canto mio, non credevo assolutamente che un rimedio naturale consigliato a distanza potesse andare oltre la scienza medica affermata. Le abbiamo telefonato, ci ha detto che richiudere quella ferita era possibile e ci ha augurato in bocca al lupo.
Il mio Martino Barboncino, secondo le previsioni dei medici, sarebbe dovuto morire verso lo scorso 27 luglio. Oggi- 18 agosto- di quel tumore grande quanto un pompelmo resta poco meno di una pallina da ping pong, drenato come si è. La grande lacerazione cutanea, che pur si è verificata- MA NON IN QUEL MODO ATROCE che ci aveva prospettato il miglior oncologo veterinario- si è richiusa. Il mio Martino adesso corre, gioca, russa nel sonno e combina i suoi soliti guai (in questo preciso istante sta sventolando sotto il mio naso un bicchierino di plastica rubato chissà dove nella speranza che io lo rincorra!).
Quindi, carissimo dottore, le scrivo per ringraziarla infinitamente. Ma soprattutto le scrivo perché spero tantissimo che sempre più persone si affidino alle sue cure, in particolar modo quando credono- come è accaduto a noi- che non ci siano più speranze e che l’eutanasia sarebbe la scelta d’amore più grande.
Grazie infinite e in bocca al lupo per tutto.
Claudia Rodano
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